IL GIUDICE DI PACE

    Scioglimento  la  riserva di cui al verbale dell'udienza 7 aprile
2005,  sul  ricorso  depositato  il 10 marzo 2005 ex art. 13, comma 8
d.lgs.  n. 286/1998  dallo  straniero  Koraich Abderrazaki, difeso di
fiducia  dall'avv. Mario  Ciccarelli,  avverso  decreto di espulsione
n. 1036/Id/05,  adottato  dal  Prefetto  della provincia di Milano in
data 1° febbraio 2005, notificato in data 1° febbraio 2005;
    Letto il ricorso ed esaminati gli atti;
    Udito il ricorrente;
    Esaminate le note prodotte dalla Questura di Milano;
    Sentita  la  difesa di fiducia del ricorrente alle udienze del 15
marzo 2005 e 7 aprile 2005;

                            O s s e r v a

        1)  che  il  ricorso  e'  ammissibile,  in  quanto proposto e
depositato  ritualmente  dal difensore di fiducia dello straniero nei
termini di legge;
        2)  che  la  difesa del ricorrente, ha sollevato eccezione di
illegittimita'   costituzionale   dell'art. 13,   comma   3,   d.lgs.
n. 286/1998  per  presunta violazione degli articoli 2, 10, 24, 111 e
113 della Costituzione della Repubblica italiana;
        3) che e' necessario esaminare in via preliminare l'eccezione
di incostituzionalita' sollevata dalla difesa del ricorrente.
    A  tal  proposito  si  evidenzia  che  l'art. 13, comma 3, d.lgs.
n. 286/1998  prevede  che  «l'espulsione e' disposta in ogni caso con
decreto  motivato  immediatamente  esecutivo,  anche  se sottoposto a
gravame o impugnativa da parte dell'interessato».
    Il  successivo art. 14 del d.lgs. n. 286/1998 regola le modalita'
di esecuzione del decreto di espulsione, nelle varie forme,
        a) accompagnamento alla frontiera;
        b)  del previo trattenimento presso un centro di permanenza e
assistenza temporanea,
        c) emissione, a cura del Questore, dell'ordine di lasciare il
territorio  dello  Stato «.... entro il termine di cinque giorni, con
indicazione delle conseguenze penali in caso di trasgressione.
    A  seguito del deposito del ricorso, da presentare entro sessanta
giorni  dalla  notifica  del  decreto  di espulsione, il giudice deve
decidere  entro venti giorni previa fissazione dell'udienza in camera
di  consiglio, nella quale l'autorita' che ha emesso il decreto «puo'
stare   in   giudizio   personalmente   o   avvalersi  di  funzionari
appositamente delegati» (art. 13-bis d.lgs. n. 286/1998).
    Cio' che balza agli occhi con immediata evidenza e' che l'attuale
disciplina,  anche  successivamente  alle innovazioni che di cui alla
legge  12 novembre 2004, n. 271, non prevede espressamente il diritto
del  ricorrente  di presenziare personalmente all'udienza fissata per
la decisione del ricorso.
    E'  invero  previsto  che  lo  straniero  possa  sottoscrivere il
ricorso  anche  personalmente,  che  sia  assistito  da  un difensore
nominato dal giudice qualora ne sia sprovvisto e ove necessario da un
interprete.
    La   nomina  dell'interprete  e'  da  intendersi  quale  elemento
qualificante  che  induce  a ritenere che il legislatore abbia inteso
garantire  allo  straniero  il  diritto  di  partecipare  all'udienza
assicurandogli  la  possibilita'  di  esprimersi e comprendere quanto
viene detto dai presenti all'udienza.
    Tale  garanzia,  si  configura  come  ineludibile  osservanza dei
principi costituzionali del diritto di difesa enunciato dall' art. 24
della Carta costituzionale.
    Orbene  essa  e'  di  fatto vanificata dalla citata previsione di
immediata efficacia esecutiva del provvedimento di espulsione.
    Anche   nell'ipotesi  di  ordine  del  Questore  di  lasciare  il
territorio  nazionale  entro  cinque  giorni  dalla notificazione del
provvedimento   stesso,   che   appare   quella   indubbiamente  meno
coercitiva,  lo  straniero  non e' posto in condizione di presenziare
all'udienza,  perche'  la  mancata osservanza dell'ordine nel termine
indicato e' sanzionata penalmente dal comma 5-ter dell'art. 14 d.lgs.
n. 286/1998.
    E'  dunque evidente che non puo' dirsi garantito dall'ordinamento
il   diritto   dello  straniero  a  presenziare  all'udienza  se  per
esercitarlo  l'interessato  deve  contravvenire  ad  una disposizione
penale  in  relazione  alla  quale,  sino  alla  sentenza delle Corte
costituzionale n. 223/2004 era previsto anche l'arresto obbligatorio.
    La  situazione  appare  ancor  piu'  stridente  a  confronto  con
l'art. 17   d.lgs.  n. 286/1998  il  quale  ha  disciplinato  per  lo
straniero  parte  offesa  ovvero  sottoposto  a  procedimento penale,
l'autorizzazione  a  rientrare  in  Italia «per il tempo strettamente
necessario  per  l'esercizio  del  diritto di difesa, al solo fine di
partecipare  al  giudizio  o  al  compimento  di  atti per i quali e'
necessaria la sua presenza.».
    Viceversa  nulla  e'  stato  previsto  per lo straniero che, gia'
espatriato  a  seguito  di  decreto  di  espulsione, abbia presentato
ricorso avverso il decreto medesimo.
    E'  opportuno  evidenziare  che,  rima  delle modifiche al d.lgs.
n. 286/1998  introdotte  con  la  legge n. 189/2002, la questione era
stata   almeno   in   parte,  oggetto  di  attenzione  da  parte  del
legislatore.
    Salvo  nei  casi  di  accompagnamento  immediato  alla frontiera,
l'esecuzione  del  decreto  di  espulsione  era  effettuata  mediante
intimazione  a  lasciare  il  territorio  nazionale  nel  termine  di
quindici giorni.
    Dal  momento  che secondo la precedente disciplina il termine per
proporre  opposizione  era  di  cinque  giorni  e  il  giudice doveva
decidere  entro  i  successivi  dieci,  lo  straniero  era  posto  in
condizioni  di'  non  violare  l'ordine di allontanamento (violazione
dalla  quale peraltro non scaturivano conseguenze penali), essendogli
permesso di presenziare all'udienza fissata dal giudice del ricorso e
attendere la decisione sullo stesso.
    Non   vi   e'   chi   non  colga  come  l'eventuale  accoglimento
dell'opposizione  non  era  reso  vano dalla gia' avvenuta esecuzione
dell'espulsione viceversa oggi prevista.
    Ritiene  questo  giudice,  alla  luce  delle considerazioni sopra
esposte,   che   l'attuale   sistema  normativo,  in  particolare  la
previsione  dell'immediata  efficacia  esecutiva del provvedimento di
espulsione,  coordinata con la concreta possibilita' che l'esecuzione
avvenga  effettivamente,  in caso di proposizione del ricorso avverso
il  provvedimento  di  espulsione, prima della udienza fissata per la
sua  discussione,  contrastino  con  il  diritto  di  difesa  sancito
dall'art. 24  della  Costituzione,  dal  momento  che  non consentono
all'interessato di partecipare a detta udienza.
    Pare  opportuno,  a  questo  proposito,  richiamare  quanto  gia'
affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 198/2000: «Al
riguardo  si  deve  premettere  che  l'art. 2,  comma  1, del decreto
legislativo n. 286 dispone che "allo straniero comunque presente alla
frontiera  o  nel  territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti
fondamentali  della  persona  umana  previsti  dalle norme di diritto
interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di
diritto   internazionale   generalmente   riconosciuti",  Anche  allo
straniero  deve  quindi  essere  riconosciuto  il pieno esercizio del
diritto di difesa, sancito dall'art. 24 della Costituzione e tutelato
altresi'  dal  Patto  internazionale  sui  diritti  civili e politici
stipulato a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo
con  la  legge 25 ottobre 1977, n. 881, ove all'art. 13 si stabilisce
che  "uno  straniero  che  si  trovi legalmente nel territorio di uno
Stato  parte  del  presente  Patto non puo' esserne espulso se non in
base a una decisione presa in conformita' della legge e, salvo che vi
si  oppongano  imperiosi motivi di sicurezza nazionale, deve avere la
possibilita'   di  far  valere  le  proprie  ragioni  contro  la  sua
espulsione,  di  sottoporre  il proprio caso all'esame dell'autorita'
competente, o di una o piu' persone specificamente designate da detta
autorita',  e  di  farsi  rappresentare innanzi ad esse a tal fine.".
Principio  analogo  e'  poi  ribadito nell'art. 1 del Protocollo n. 7
alla  «Convenzione  per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta'  fondamentali»  adottato  a  Strasburgo il 22 novembre 1984,
ratificato e reso esecutivo con la legge 9 aprile 1990, n. 98.».
    La  stessa  Corte costituzionale sempre nella richiamata sentenza
n. 222/2004   in   cui   e'  stata  dichiarata  l'incostituzionalita'
dell'art. 13, comma 5-bis, del d.lgs. n. 286/1998, nella parte in cui
il  vecchio  testo  di  detta  norma non prevedeva che il giudizio di
convalida  dovesse svolgersi in contraddittorio prima dell'esecuzione
del  provvedimento  di accompagnamento alla frontiera con le garanzie
della  difesa  (oggi  rivisto  dalla  citata  legge 12 novembre 2004,
n. 271),  ha  affermato  che  «..  insieme alla liberta' personale e'
violato   il  diritto  di  difesa  dello  straniero  nel  suo  nucleo
incomprimibile.  La  disposizione censurata, non prevede, infatti che
questi  debba  essere  ascoltato  dal giudice, con l'assistenza di un
difensore.».
    Alla  luce  dell'intervento  normativo che ha corretto l'art. 13,
comma  5-bis,  la mancata previsione della sospensione dell'efficacia
esecutiva del decreto di espulsione nella pendenza dei termini per la
sua  impugnazione  e  per  la decisione nel merito della stessa, allo
scopo  precipuo  di  consentire allo straniero espulso di partecipare
personalmente  all'udienza  davanti  al giudice di pace, appare ancor
piu'  in  contrasto,  a  sommesso  parere  di  questo giudice, con il
diritto di difesa riconosciuto dall'art. 24 della Costituzione.

                           Sulla rilevanza

    La  questione  proposta  e' rilevante nel caso in esame, perche',
non  avendo  lo  straniero ricorrente presenziato all'udienza fissata
per  la  comparizione  delle parti, appare preliminare alla decisione
sul  merito  qualificare  la sua mancata comparizione presumibilmente
determinata  dalla  gia'  avvenuta  esecuzione  dell'espulsione o dal
timore  di  incorrere  nella  sanzione  penale prevista dall'art. 14,
comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998.